domenica 16 ottobre 2011

COSA CI RESTA

15 OTTOBRE 2011, un'altra data "nera" per l'Italia, per la democrazia, per la libertà di noi cittadini. Ieri ho vissuto in parte ciò che è avvenuto, abitando nel quartiere teatro degli scontri, e stamane ho fatto un giro a piedi nelle strade qui intorno per vedere cosa fosse successo. Il proprio sguardo, più che la TV o internet, comunicano con più profondità ciò che è avvenuto, spinge a riflettere maggiormente nel silenzio di quegli scheletri di automobili incendiate, di quelle vetrine sfondate, di quelle scritte sui muri, di quel cattivo odore di bruciato nell'aria come se mi trovassi fra le strade di Beirut.

E allora mi son chiesto "cosa ci resta?"; cosa resta a noi cittadini di quella democrazia per la quale combatterono i partigiani, di quella Costituzione garante dei diritti e delle libertà di noi tutti?  Cosa è rimasto alle centinaia di migliaia di persone che ieri ho visto sfilare sotto i miei occhi e che di fatto sono state private della loro libertà di esprimere un punto di  vista legittimo, un'idea, un'alternativa? Cosa è rimasto a quei lavoratori che si ritrovano il loro posto di lavoro distrutto? E a quelle famiglie che hanno perso le loro auto...Cosa è rimasto a noi abitanti dell'Esquilino e in generale a tutti gli italiani che, in queste occasioni, vivono di fatto una limitazione alla libertà personale, vivendo con timore anche l'uscita dal portone di casa propria ( sensazione che ieri ho provato fino a notte fonda)?.

Ho letto qualche commento su facebook di persone che, giustamente irritate dal teppismo, inveiva contro "le manifestazioni", credendo che, vietando i cortei, si possa risolvere il problema delle bande criminali.
A mio avviso non è questa la soluzione, anzi: credo che il monito che viene da un'esperienza del genere sia proprio opposto.
E' tempo di ricostruire, è tempo che i cittadini italiani non lascino più le tematiche del vivere civile, dei problemi economici e sociali in mano al solo "spontaneismo" o semplicemente "agli altri". Non possiamo credere nei super eroi che ci salveranno, nelle ideologie che ci porteranno il paradiso, nelle "rivoluzioni" che stravolgeranno l'assetto attuale.  E' evidente, specie dopo ieri, che non basta: non basta l'indignazione in sè, non basta la manifestazione in sè, non basta e non serve definirsi "indipendenti", non serve ancor di più il menefreghismo.
Indipendenti da cosa? Dal "sistema"? Dai Partiti?


I partiti. Dopo ieri con più convinzione penso che l'impegfno di tutti noi, di tutti coloro che vogliono contribuire al cambiamento, debba avvenire proprio li, in quelle sedi - per giunta legittimate dalla Costituzione - che molti oggi disprezzano, dall'esterno, e che però non sostituiscono con alternative migliori; è in quella sede che i cittadini devono portare il cambiamento, oltre che sbandierandolo nelle piazze.

domenica 9 ottobre 2011

IL PAPA TIEPIDO CON LA 'NDRANGHETA

Oggi il Papa è a Lamezia Terme, in Calabria. La mia regione, si sà, è una terra difficile, amara, piegata da decenni alla criminalità organizzata più potente al mondo. Le mafie nel sud crescono rigogliose da tempo, avviluppano nei loro tentacoli pezzi sempre ppiù grossi di economia, di politica, di società.

La Chiesa, nonostante timidi attacchi e tenui condanne, non ha mai preso posizione nette di condanna vera e dura. Eppure, e si sà anche questo, quanto le mafie attingano alla sfera del sacro, quanto i loro affiliati si dicano devoti e realmente partecipano spesso anche ai riti sacri o alle feste sacre sotto gli occhi indifferenti o consensienti delle autorità religiose locali.

Perciò anche la visita odierna di Benedetto XVI in Calabria è un'altra occasione persa - e persa già in altre circostanze da questo Papa e dal precedente Giovanni Paolo II - per condannare la 'ndrangheta e le altre mafie in modo definitivo. Perchè il Papa non ha mai lanciato ufficialmente la scomunica contro tutti i mafiosi? Perchè non si preme continuamente affinchè i propri parroci vigilino ed eventualmente siano puniti in caso di palese partecipazione dei mafiosi locali alle attività e agli avvenimenti sacri nelle parrocchie?

Ancora ricordo con emozione la bara di Piergiogio Welbi davanti ad una chiesa sbarrata ed ancora vedo con rabbia i funerali in pompa magna dei mafiosi italiani all'interno delle stesse chiese.

mercoledì 5 ottobre 2011

LA MIA INDIGNAZIONE PASSA PER BARLETTA - e non per Perugia

E' notevole osservare la differenza di accento fra due notizie così diverse, sia nella cronaca che nel valore reale e simbolico. Da un lato l'assoluzione di Amanda e Raffaele sul delitto di Perugia, che ha smosso vagonate di gente davanti al tribunale a urlare "vergogna", decine di troupe televisive italiane e straniere, titoloni a prima pagina sui giornali e titoli di apertura nei tg; dall'altro la morte di lavoratrici sfruttate sotto il crollo di una palazzina, la notizia che scivola via con una certa velocità, l'assenza di "indignazione" popolare.

E' il classico esempio che ci fa capire un pò dove siamo arrivati in questo Paese: conta di più per l'opinione pubblica, e distrae di più, un fatto privato - un omicidio - assolutamente ininfluente e insignificante per la vita pubblica che un evento tragico paradigmatico di tanti altri casi simili esistenti in Italia, simbolo di una condizione di vita di migliaia di persone, di una problematica che ci interessa tutti. Fa più clamore un delitto "privato" che un omicidio preannunciato, intriso per giunta di storie di sfruttamento professionale ed umano. 

La mia indignazione dunque sta li, a Barletta; mi chiedo perchè davanti a quella casa crollata, a quel monumento al lavoro nero, non ci sia una folla inferocita a urlare "vergogna", "ora basta", "condizioni di lavoro decenti per chiunque", "e lo Stato dov'è", "la nostra vita vale 4 euro l'ora?" ecc...

E' proprio vero: molti italiani che scenderebbero davanti ad un tribunale per indignarsi per una sentenza che non li riguarda, probabilmente non scenderebbero ad indignarsi per il futuro dei loro figli.

lunedì 3 ottobre 2011

..E I DIRITTI CIVILI?

Il PD, partito a cui sono iscritto e in cui milito convintamente, ha da poco pubblicato una interessante raccolta di tutte le proposte elaborate e votate fin qui dall'Assemblea Nazionale del partito che costituiscono finalmente l'ossatura programmatica che tante volte ci è stato rimproverato di non avere. Le proposte sono riassunte sotto il titolo "L'Italia di domani". E' vero. Le proposte ci sono, sono frutto di un dibattito democratico, di una votazione democratica, di menti esperte dei vari settori: economia, fisco, politiche sociali, energia, infrastrutture, cultura, scuola, ecc. E' davvero un insieme coerente di proposte, è una visione che il PD offre all'Italia del futuro. 
Scorrendo l'indice ho però notato un tassello mancante, un vuoto: i DIRITTI CIVILI. 
Dove sono finiti? 
Li ho cercati fra le righe di argomenti "compatibili" ma  li ho trovati solo in parte. Non ho letto di testamento biologico, di coppie di fatto eterosessuali ed omosessuali, di laicità dello Stato, di riproduzione assistita e inseminazione artificiale, di adozioni per i single. Eppure sò che il partito ha prodotto molti confronti in merito a questitemi, a volte facendo proposte - timide - anche in Parlamento. 
Perchè il PD ha difficoltà a parlarne e a trovare una sintesi in un documento programmatico, al pari degli altri temi?
E' così difficile raggiungere posizioni di intesa fra le "anime" (se mai esistono davvero)? 
E queste anime possono veramente dividersi su temi che dovrebbero invece avere una larga condivisione (come presumo ce l'abbiano già nella società italiana)? 
Perchè, se non si mette in discussione la legge attuale sull'aborto, si ha tanta fatica invece a voler riconoscere il diritto alle unioni di fatto o al testamento biologico? 

Sono interrogativi che pongo a tutti gli iscritti, i simpatizzanti, i dirigenti che - come me - pensano che il PD sia l'unico partito che, attualmente, possa imprimere un vero cambiamento al Paese ma che deve avere il coraggio di offrire una visione completa di ciò che siamo e soprattutto di ciò che vogliamo per il futuro del nostro Paese.