mercoledì 23 novembre 2011

PRONTUARIO DELLE ALLUVIONI (ANNUNCIATE): LACRIME DI COCCODRILLO DI UN POPOLO SENZA MORALE PUBBLICA

foto tratta da www.catanzaroinforma.it -
Catanzaro, torrente Fiumarella 22 novembre 2011
L’ennesima pioggia violenta, l’ennesima alluvione. Il cinismo mi fa sorridere a denti stretti: un ghigno beffardo. Il sorriso cattivo del “te l’avevo detto”, del presuntuoso e del saccente, l’espressione facciale gaudente di chi dentro cova un misto di risentimento e di rabbia. E’ l’espressione bieca e nascosto della nostra moralità falsa ed ipocrita, che sussulta davanti ad un preservativo o ad un letto di un malato terminale e invece dorme beata ignorando la coscienza del bene collettivo. E’ il nostro ritratto, orrendo e ripugnante,  nascosto in quella soffitta in cui entriamo di rado, solo quando non ne possiamo fare a meno; per poi richiudere la porta in fretta e continuare a fare i “ Dorian Gray”.
Ecco quindi il “prontuario”, oramai scritto da decenni di “esperienze” in tema di dissesto idrogeologico:

“Una pioggia eccezionale”: è una delle scuse principali di cittadini ed amministratori: nascondere i risultati delle proprie azioni, attribuendo alla natura colpe non sue. Misurare la quantità di pioggia caduta è uno degli strumenti dell’autocommiserazione conseguente.

“Esondazione”: è una parola il cui significato è storpiato per le auto giustificazioni. I fiumi non esondano dal loro letto: siamo noi con i nostri edifici – spesso orribili – ad aver occupato lo spazio di quei fiumi.

“Frana”: termine associato quasi sempre a “strada interrotta”, città isolata”, “traffico”. Le frane sono quasi sempre colpa nostra. Siamo infatti noi a disboscare in modo incivili e i territori, siamo noi che non ci occupiamo di tenere viva l’agricoltura e quindi la cura dei terreni, specie di quelli scoscesi.

“Il Comune mi impedisce di costruire la mia casa: io la faccio lo stesso”: tipico pensiero di chi non accetta vincoli di legge, considerandoli orpelli inutili, catene che negano la libertà individuale. E’ il “Comune” ad essere in torto, non io. 

“La mia casa è stata portata via: ho perso tutto”: espressione tipica di chi ha posseduto un’abitazione quasi sempre edificata in luoghi a rischio idrogeologico. In questi casi l’edificio o è edificato regolarmente in zone pianificate malissimo – da coloro che noi eleggiamo insieme ad altri cittadini come noi, tecnici “non politici” ma compiacenti  - o è costruito abusivamente, quindi sotto piena coscienza del proprietario che, dopo l’alluvione, pretende anche – e l’ottiene – un contributo dallo Stato che ha precedentemente frodato.

 “Noi politici dobbiamo riflettere…”: tipicissima espressione di chi, sempre dopo il disastro – e mai prima – pretende di purificare la sua anima sporca pronunciando frasi di cui non conosce il significato. Solitamente questa fase di “purificazione” dura da una settimana a pochi mesi, in base al numero di morti e feriti contati alla fine dell’evento alluvionale.

Rabbia”: tipico sentimento che si diffonde rapidamente negli animi delle persone all’indomani di questi fatti. Solitamente l’oggetto della rabbia sono i politici inetti e incompetenti (ed eletti dalle persone stesse) che non hanno agito preventivamente per evitare il disastro. Anche qui evidente il fenomeno del lavaggio temporaneo di coscienza, a trenta gradi, giusto per dare una parvenza di pulito. Anche in questo caso, il numero di danni e morti determina la durata di questo stato di indignazione.

“Ricostruzione”: un tema classico: la ricostruzione post evento alluvionale. Puntualmente il momento della ricostruzione  ha già dimenticato il momento dell’emergenza. Si ripropongono nella maggior parte dei casi – a spese ovviamente dei cittadini - i “ripristini” dello stato di fatto dei luoghi ante disastro: è il via libera tacito e compiacente della politica e dei liberi cittadini al prossimo evento “catastrofico”.

domenica 13 novembre 2011

SI VOLTA PAGINA

Eh si, da ieri si ha proprio la sensazione di aver voltato pagina. Aver vissuto in prima persona l'atmosfera di attesa e poi di liberazione per le strade di Roma ha confermato quella che era una sensazione tutta personale.
Ho voluto partecipare direttamente ad un momento storico per la storia della nostra Repubblica e per la nostra politica: la fine di un' era dominata da un personaggio che, nel bene e nel male, ha catalizzato sempre e comunque l'attenzione degli italiani, dei media, di coloro che ci osservavano e coloro che ci giudicavano.

La gente scesa per strada ieri, che urlava contro Berlusconi e i suoi accoliti non era organizzata ovviamente - come tentano ancora di strombazzare oggi i suoi "discepoli", con quel poco di voce rimasta loro.. Erano persone che non hanno mai creduto al sogno berlusconiano o che ci hanno creduto e ne sono rimasti delusi. Non c'erano bandiere di partito, non c'erano slogan e cartelli contro una parte politica: i messaggi erano rivolti contro una persona. Quella persona che ha diviso gli italiani per quasi venti anni, che li ha illusi proponendo un modello fatto di lustrini e luci della ribalta, battute scherzose e vizi spacciati per normalità, li ha umiliati agli occhi del mondo, li ha resi meno capaci di reagire, di discernere, di vedere la verità dei fatti.

E oggi questa verità la vediamo, ne distinguiamo bene le macerie, la sciatteria, la vergogna, l'umiliazione.
Noi, il Paese della cultura, della storia, dell'intraprendenza, della creatività; il Paese dei migranti, dei lavoratori onesti che hanno fatto sacrifici e hanno risalito la scala sociale dei Paesi che li hanno ospitati; il Paese delle idee geniali, dell'estro artistico, della gioia di vivere; il Paese della famiglia, dei valori umani, della solidarietà.
Venti anni in cui molto di questo è venuto meno, si è sbiadito, si è intaccato, certamente è scomparso agli occhi del mondo.

E' il momento di ritirare fuori tutto questo, di rialzare la testa, di sperare e di pretendere la dignità che ci è stata tolta. E' anche il momento di tornare ad essere un Paese normale, dove la contrapposizione politica e le visioni diverse della società si contrappongano in modo chiaro, anche duro, ma rispettoso; dove, nei momenti di difficoltà e nelle scelte fondamentali ci si ritrovi in dei valori e delle regole comuni; è il momento in cui si deve ritrovare il sentimento della generosità, dell' "unione fà la forza", come italiani.